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Dal layout allo scatto pubblicabile:
quando l’AI rifinisce l’intuizione

Un uomo in abito elegante porge una rosa a una mucca seduta al tavolo di un ristorante. Una scena surreale, certo, ma anche perfettamente composta, ironica, narrativa. Sul tavolo, tra bicchieri, acqua, pepe e prezzemolo decorativo, c’è tutta l’atmosfera di un servizio fotografico pubblicitario ben diretto. Sullo sfondo, il personale in divisa osserva con compostezza.

Accanto a questo scatto rifinito, troviamo il suo corrispettivo originale: un’immagine ibrida, a metà strada tra l’illustrazione digitale e il layout a matita colorata. La scena è la stessa, ma più leggera, più aperta, meno definita. Manca la massa, il contrasto, la coerenza tonale. Ma c’è già tutto: lo sguardo, il gesto, il ritmo visivo.

Quel layout, creato qualche anno fa come proposta visuale per una campagna dairy, non è mai stato finalizzato. Ma oggi è stato trasformato in un’immagine pronta per la stampa. E il passaggio non è stato affidato a un illustratore, né a un fotografo: bensì a un GPT personalizzato addestrato su immagini pubblicitarie di alto livello.

Non è magia, è metodo

La prima tentazione è pensare che si tratti di uno dei tanti effetti “magici” dell’intelligenza artificiale. Ma non è così. Quello che rende potente questo processo è la progettualità con cui è stato costruito.

Midjourney offre una funzione chiamata retexture — utile, versatile, capace di dare corpo e superficie a schizzi e immagini grezze. Ma per chi lavora da anni con il linguaggio pubblicitario, questo non basta. Serve controllo. Serve fedeltà al brief. Serve che l’idea non venga sovrastata dal rendering.

Per questo è stato costruito un GPT custom, addestrato su materiali selezionati: campagne stampa, pagine ADV, visual da affissione, rough illustrati e fotografie di set reali. Un GPT che non genera semplicemente immagini, ma raffina una visione.

La mano invisibile del visualizer

Un tempo, il visualizer era una figura di transizione: prendeva l’idea del direttore creativo e la rendeva visibile, mostrabile, in attesa che un fotografo o un regista completassero il lavoro. Oggi quella figura può diventare punto di arrivo.

Perché il rough non è più uno strumento di passaggio, ma una base per costruire il finale. E non parliamo di un finale “stilizzato”: parliamo di un’immagine coerente con gli standard di stampa e comunicazione di un cliente esigente.

In questo senso, l’AI non sostituisce il visualizer. Lo potenzia. Gli permette di completare il lavoro con coerenza stilistica, rispetto delle proporzioni, armonia cromatica. E di farlo in modo autonomo, senza demandare ad altri l’ultima parola visiva.

Il linguaggio dell’assurdo pubblicitario

L’immagine finale — l’uomo elegante con la rosa e la mucca al tavolo — gioca con un’estetica precisa: l’assurdo elegante.

È il linguaggio tipico di molte campagne di successo: prendere una situazione surreale e trattarla con la luce, la messa in scena e la composizione di un editoriale di moda. Il risultato è straniante ma potente. E soprattutto: riconoscibile.

Per raggiungere questo equilibrio servono molte componenti:

  • coerenza nella palette
  • corretto bilanciamento luci/ombre
  • profondità prospettica
  • logica nei dettagli (la rosa, i bicchieri, il coperto)

Il GPT non “capisce” queste cose come un essere umano, ma le riproduce con una precisione appresa. E soprattutto: non le inventa. Parte da un layout pensato, equilibrato, disegnato. Il valore iniziale resta. Anzi: si amplifica.

Un nuovo ruolo per il rough artist

Questa trasformazione apre un nuovo spazio lavorativo. Chi sa comporre un’immagine forte, chi sa costruire una scena, chi sa dosare le forze visive tra personaggi, sfondo e oggetti, oggi ha un potere inedito: può vedere il suo lavoro compiuto senza passare da altri.

Non è una scorciatoia. È una rivoluzione di processo. Il rough artist, spesso considerato “solo un tecnico”, si scopre autonomo e autoriale.

Questo vale soprattutto nel mondo della comunicazione visiva, dove la velocità è tutto, ma la qualità non può essere sacrificata. Se l’output AI parte da un disegno debole, genererà qualcosa di debole. Ma se parte da un layout forte, riceverà un’immagine forte.

La qualità iniziale è ancora il vero discrimine. L’AI non lo cambia. Lo rende semplicemente più evidente.

Conclusione: pensare visivamente è ancora la chiave

L’immagine che oggi è pronta per essere pubblicata nasce da una mano umana. Nasce da un’idea, da una sintesi visiva, da una composizione lucida. L’AI interviene dopo. Traduce. Finalizza. Rende tangibile.

Chiunque lavori nel mondo visuale dovrebbe chiedersi: cosa posso ottenere se metto insieme le mie competenze narrative con uno strumento che ne prolunga l’effetto?

Il risultato, a giudicare da questa scena improbabile eppure perfettamente bilanciata, è una nuova forma di racconto. Dove l’illustrazione smette di essere preliminare e diventa definitiva. Dove l’ironia può essere stampata in alta definizione. E dove — finalmente — chi disegna può anche firmare lo scatto finale.

di Sebastiano Onano

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